I protagonisti de #lanostraResistenza: Cino Moscatelli

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Moscatelli Vincenzo, detto Cino. Novara 1908 – Borgosesia 1981

Di famiglia operaia del rione Sant’Andrea (suo padre era ferroviere e, in famiglia, erano sette fratelli), crebbe ai sentimenti socialisti nel clima rovente della Novara “rossa” del primo dopoguerra. Nel settembre 1920 prese parte all’occupazione dello stabilimento Rumi, dove lavorava in qualità di garzone. Nel luglio 1922, durante la battaglia di Novara, fu tra i “fanciulli proletari” (in gran parte suoi compagni, apprendisti della Scotti Brioschi) che, a sassate, difesero la Camera del Lavoro dal primo assalto fascista. Nell’aprile 1925 organizzò, con uno stratagemma, lo sciopero degli apprendisti delle Officine Meccaniche Novaresi, dove aveva iniziato a lavorare dopo avere frequentato un corso professionale serale, in quanto aveva abbandonato gli studi alla sesta elementare. Nel 1926 trovò lavoro all’Alfa Romeo di Milano, dove si era occupato anche “Pinin” Giarda, già dirigente dei metallurgici novaresi e, nel 1921, primo segretario della Sezione comunista di Novara. Poi, presi di mira dai fascisti in seguito a uno sciopero, Moscatelli e Rimola si trasferirono alla Cerutti di Via Stelvio, sempre a Milano. Nel 1925, introdotto da Rimola, Moscatelli era entrato a far parte dell’organizzazione giovanile comunista di Novara, venendone addetto all’attività di stampa e propaganda. In quel periodo l’organizzazione novarese svolse, soprattutto in direzione delle mondine, un proficuo lavoro politico che, sotto la guida di Girolamo Li Causi (il quale si faceva allora chiamare “Cian So Lin”) sarebbe sfociato nel grande sciopero del 1927.

Recatosi in quello stesso anno in Svizzera per partecipare a una scuola clandestina “di partito” diretta da Luigi Longo e Palmiro Togliatti (in località Passwang, tra Basilea e Biel), rimase all’estero diventando funzionario comunista. Continuò così la scuola a Berlino, nella casa del P.C. tedesco “Karl Liebknecht” e fu infine inviato a Mosca, dove rimase dall’Ottobre 1927 al Gennaio 1930. Stabilitosi successivamente in Francia lavorò al centro estero del P.C.I., collaborando alla redazione e alla grafica di giornali clandestini (“Il fanciullo proletario”, “Avanguardia”, “Il galletto rosso”). Sul finire del 1930 fu inviato dal partito in Italia, per organizzarvi clandestinamente la lotta contro il fascismo. Come funzionario della Federazione giovanile comunista per l’Emilia Romagna, diede a questa attività un tale impulso che riuscì a organizzare, nel solo Ravennate, più di 600 comunisti. Arrestato a Bologna l’8 Novembre 1930, dopo essere stato torturato, venne deferito al Tribunale Speciale che, il 24 Aprile 1931, lo condannò a 16 anni e 8 mesi di reclusione, per “ricostituzione del P.C.I., appartenenza allo stesso, propaganda e omessa denuncia d’armi”. Rinchiuso nelle carceri di Volterra, dove partecipò a uno sciopero della fame di sette giorni, fu poi trasferito a Civitavecchia, dove prese parte a un altro sciopero della fame e, infine, ad Alessandria. Qui fu rinchiuso per sei mesi in cella di isolamento. Uscito di prigione nel 1935 in applicazione dell’amnistia del “Decennale” e di vari condoni, decise di rimanere in Italia, trasferendosi a Borgosesia. Perse così i contatti con il Centro estero del Partito, mentre mantenne qualche legame con i militanti del Novarese e del Vercellese. Nuovamente arrestato nell’aprile 1937, fu carcerato per sei mesi a Vercelli. Diffidato e sottoposto a stretta vigilanza da parte della polizia fascista, decise di mettersi a lavorare in proprio aprendo un ufficio commerciale. Dopo l’8 Settembre 1943, fu tra i primi e principali organizzatori della Resistenza in Valsesia, promotore non solo delle prime formazioni partigiane, ma anche del locale Comitato di liberazione. Arrestato il 29 Ottobre 1943 dai carabinieri di Borgosesia, su mandato della autorità tedesche di Vercelli, fu liberato quello stesso giorno dai propri compagni con un audace attacco alla caserma in cui era trattenuto. Con un gruppo di 22 uomini si rifugiò allora sul monte Briasco dando vita, col nome di battaglia di “Cino”, alle prime azioni di guerriglia. Con la collaborazione di Eraldo Gastone, “Ciro”, organizzò giovani e vecchi antifascisti, militari sbandati e prigionieri alleati in formazioni sempre più efficienti e combattive. Divenne così il famoso commissario politico del Raggruppamento Divisioni Garibaldi della Valsesia-Cusio-Ossola-Verbano. Alle dirette dipendenze del Comando generale delle Brigate Garibaldi insediato a Milano, il Raggruppamento, nella primavera del 1945, comprendeva quattro divisioni (“Fratelli Varalli”, “Redi”, “Pajetta” e “Mario Flaim”) con una forza complessiva di oltre 3.000 combattenti. Durante la lotta partigiana divenne, per le sue imprese, una figura quasi leggendaria, come testimoniano i numerosi canti e racconti che fiorirono su di lui. Dall’ottobre 1944 Moscatelli diresse anche il giornale La Stella Alpina, organo del Comando unificato del Raggruppamento. Nei giorni dell’insurrezione, le formazioni da lui dirette liberarono la Valsesia e Novara, per dirigersi poi su Milano. Per questo, insieme a Pietro Secchia, scrisse nel 1958 un libro divenuto presto famoso, Il Monte Rosa è sceso a Milano, edito da Einaudi. Dopo la liberazione fu designato sindaco dal C.L.N. di Novara. Nominato consultore nazionale, fu poi eletto alla Costituente e venne chiamato a far parte del terzo gabinetto De Gasperi (2 Febbraio-31 Maggio 1947) come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l’assistenza ai reduci e ai partigiani. Senatore di diritto nel 1948, fu eletto deputato nel 1953 e nel 1958, entrambe le volte nel collegio Bologna-Ravenna-Ferrara-Forlì. Dopo avere lavorato nell’immediato dopoguerra come dirigente della Commissione assistenza reduci partigiani presso la Direzione del P.C.I., fu designato responsabile della Federazione torinese del partito. Dal 1949 al 1952 ebbe altri incarichi in Val d’Aosta e poi a Cuneo, come ispettore regionale. Fu poi a Novara, vicesegretario della Federazione e consigliere comunale; e infine, dopo aver costituito la Federazione dell’Alto Novarese, per un anno fu segretario della Federazione di Verbania (1957-58). Membro del Comitato Centrale del Partito fino all’VIII Congresso (1956), fu capogruppo comunista d’opposizione in Consiglio comunale a Borgosesia sino al 1975. Nel 1960, infatti, aveva fatto ritorno in Valsesia. Depositario dal 1945 del cospicuo archivio del Raggruppamento Divisioni della Valsesia-Cusio-Verbano-Ossola, nel 1974 costituì a Borgosesia l’Istituto per la Storia della Resistenza in provincia di Vercelli che ha presieduto sino alla scomparsa e che ora gli è intitolato.

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I protagonisti

Carlo Suzzi

Il partigiano “Quarantatrè”, sopravvissuto alla strage di Fondotoce.

Le iniziative sono realizzate grazie al contributo della Fondazione CRT.