Un libro da leggere

A cura della nostra Biblioteca, vi proponiamo una selezione di libri con i quali affrontare o approfondire alcuni aspetti della storia del novecento italiano ed europeo.
Non solo le tematiche classiche collegate alle vicende del secondo conflitto mondiale e della Resistenza nel nostro territorio e nel resto d’Italia, ma anche punti di vista su questioni importanti per il nostro tempo: dalle migrazioni ai temi sociali, alla politica, con specifici consigli di lettura per i giovani con libri appositamente selezionati.

Tutti i volumi presentati sono disponibili nella nostra Biblioteca e liberi al prestito secondo il regolamento. Alcune recensioni sono state fatte dai nostri giovani lettori.

Kennedy, Dallas 1963, di Giovanni A. Cerutti, Interlinea 2023.

La notizia dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy si abbatté inattesa sul mondo intero, provocando sconcerto e inquietudine. La figura del giovane presidente alla guida della potenza egemone sembrava prefigurare un mondo che si lasciava per sempre alle spalle povertà e violenza. Ma il 22 novembre 1963 a Dallas tutto parve spezzarsi. Per la prima volta sono raccolti gli articoli delle migliori firme del giornalismo italiano usciti nei giorni successivi la morte del presidente per restituire quello sconcerto e quell’inquietudine. Attraverso le riflessioni, tra gli altri, di Enzo Biagi, Luigi Salvatorelli, Furio Colombo, Alberto Ronchey, Paolo Monelli ed Eugenio Scalfari si delineano i caratteri di una società in piena trasformazione, che sull’onda del recente impetuoso sviluppo economico vedeva nel modello dell’America kennediana una prospettiva e un sicuro punto di riferimento.

Testi di Enzo Biagi, Mauro Calamandrei, Furio Colombo, Giulio De Benedetti, Aldo Garosci, John F. Kennedy, Raniero La Valle, Giuseppe Lazzati, Paolo Monelli, Piero Ottone, Italo Pietra, Alberto Ronchey, Alfio Russo, Luigi Salvatorelli, Eugenio Scalfari, Ugo Stille, Bernardo Valli

Adriatico amarissimo, di Raoul Pupo, Laterza 2021.

Le terre dell’Adriatico orientale sono state uno dei laboratori della violenza politica del ʼ900: scontri di piazza, incendi, ribellioni militari come quella di D’Annunzio, squadrismo, conati rivoluzionari, stato di polizia, persecuzione delle minoranze, terrorismo, condanne del tribunale speciale fascista, pogrom antiebraici, lotta partigiana, guerra ai civili, stragi, deportazioni, fabbriche della morte come la Risiera di San Sabba, foibe, sradicamento di intere comunità nazionali. Queste esplosioni di violenza sono state spesso studiate con un’ottica parziale, e quasi sempre all’interno di una storia nazionale ben definita – prevalentemente quella italiana o quella jugoslava (slovena e croata) –, scelta questa che non può che originare incomprensioni e deformazioni interpretative. Infatti, è solo applicando contemporaneamente punti di vista diversi che si può sperare di comprendere le dinamiche di un territorio plurale come quello dell’Adriatico orientale, che nel corso del ʼ900 oscillò fra diverse appartenenze statuali. Inoltre, le versioni offerte dalle singole storiografie nazionali non fanno che rafforzare le memorie già a suo tempo divise e rimaste tali generazione dopo generazione. Sono maturi i tempi per tentare di ricostruire una panoramica complessiva delle logiche della violenza che hanno avvelenato – non solo al confine orientale – l’intero Novecento.

La vittoria maledetta, di Ahron Bregman, Einaudi, 2017.

Nella breve ma decisiva Guerra dei sei giorni del 1967, Israele, con una mossa che avrebbe modificato per sempre la mappa del Medio Oriente, ha conquistato la Cisgiordania, le Alture del Golan, la Striscia di Gaza e la Penisola del Sinai. La vittoria maledetta è la prima storia completa delle turbolente conseguenze di quella guerra: un’occupazione militare dei territori palestinesi che compie adesso cinquant’anni. Fondato su documenti tratti da fonti di alto livello finora inaccessibili, il libro offre una cronaca cruda e avvincente di come la promessa di Israele di una «occupazione leggera» rapidamente sia stata disattesa e di quali siano stati i tormentati tentativi diplomatici di concluderla. Bregman porta nuova luce sui momenti critici del processo di pace, conducendoci dietro le quinte delle decisioni che hanno determinato il destino dei Territori. Ci svela inoltre come siano state mancate opportunità cruciali di risolvere il conflitto e la fine dell’occupazione.

Questa è la storia dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gerusalemme, delle Alture del Golan, della Striscia di Gaza e della Penisola del Sinai a partire dalla schiacciante vittoria di Israele sulle forze congiunte dei suoi vicini Giordania, Siria ed Egitto nella Guerra dei sei giorni del 1967. Il Sinai fu gradualmente restituito all’Egitto tra il 1979 e il 1982, in seguito a un accordo di pace stipulato dopo la guerra, e nell’agosto 2005 Israele ritirò le proprie truppe e gli insediamenti anche dalla Striscia di Gaza. Un ritiro parziale dalla Cisgiordania è stato compiuto a piú riprese a partire dal 1993, risultato del tortuoso processo di pace di Oslo con i palestinesi. Tuttavia a oggi buona parte della Cisgiordania, la Gerusalemme Est araba e le Alture del Golan restano sotto stretto controllo israeliano. Il grande trionfo militare del 1967, apparso inizialmente come un momento benedetto nella storia di Israele, finí per rivelarsi una «vittoria maledetta». Dopo essersi appropriato di quelle terre, Israele le sottopose quasi tutte a un governo militare assicurando che avrebbe condotto un’occupazione sinceramente «illuminata». Tuttavia, come è ormai sempre piú chiaro agli occhi degli storici, un’occupazione illuminata è una contraddizione in termini; e con il passare del tempo l’occupazione di Israele si è rivelata pesantissima. Il filo rosso di questa intera vicenda storica, che potrebbe essere definito come la vera tragedia del conflitto arabo-israeliano, è l’ampia serie di opportunità per risolvere la situazione, che sono andate perdute.

La resistenza delle donne, di Benedetta Tobagi, Einaudi, 2022. Premio Campiello 2023

Le donne furono protagoniste della Resistenza: prestando assistenza, combattendo in prima persona, rischiando la vita. Una «metà della Storia» a lungo silenziata a cui Benedetta Tobagi ridà voce e volto, a partire dalle fotografie raccolte in decine di archivi. Ne viene fuori un inedito album di famiglia della Repubblica, in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. La Resistenza delle donne è dedicato «A tutte le antenate»: se fosse una mappa, alla fine ci sarebbe un grosso «Voi siete qui». Insieme alle domande: E tu, ora, cosa farai? Come raccoglierai questa eredità? La storia delle donne italiane ha nella Resistenza e nell’esperienza della guerra partigiana uno dei suoi punti nodali, forse il piú importante. Benedetta Tobagi la ricostruisce facendo ricorso a tutti i suoi talenti: quello di storica, di intellettuale civile, di scrittrice. La Resistenza delle donne è prima di tutto un libro di storie, di traiettorie esistenziali, di tragedie, di speranze e rinascite, di vite. Da quella della «brava moglie» che decide di imbracciare le armi per affermare un’identità che vada oltre le etichette, alla ragazza che cerca (e trova) il riscatto da un’esistenza di miseria e violenza, da chi nell’aiuto ai combattenti vive una sorta di inedita maternità, a chi nella guerra cerca vendetta e chi invece si sente impegnata in una «guerra alla guerra», dalle studentesse che si imbarcano in una grande avventura (inclusa un’inedita libertà nel vivere il proprio corpo e a volte persino il sesso), alle lavoratrici per cui la lotta al fascismo è la naturale prosecuzione della lotta di classe. Tobagi racconta queste storie facendo parlare le fotografie che ha incontrato in decine di archivi storici. Ne viene fuori quasi un album di famiglia della Repubblica, ma in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. Un libro che possiede il rigore della ricostruzione storica, ma anche una straordinaria passione civile che fa muovere le vicende raccontate sullo sfondo dei problemi di oggi: qual è il ruolo delle donne, come affermare la propria identità in una società patriarcale, qual è l’intersezione tra libertà politiche, di classe e di genere, qual è il rapporto tra resistenza civile e armata, tra la scelta, o la necessità, di combattere e il desiderio di pace?
Il “lodo Moro”. Terrorismo e ragion di Stato 1969-1986, di Valentine Lomellini. Laterza, 2022.

Dalla ‘prigione del popolo’ dove era stato rinchiuso dalle Brigate rosse nel 1978, Aldo Moro chiedeva di trattare per la sua liberazione, svelando che questa era una prassi abituale per i terroristi palestinesi arrestati in Italia. Da allora, per «lodo Moro» si intende l’accordo che consentiva ai palestinesi di utilizzare il territorio italiano come base per armi e guerriglieri in cambio della garanzia di preservare la penisola dagli attentati.
Il «lodo» non fu certo solo riferibile alla figura di Moro: esso coinvolse i principali esponenti della DC e del PSI (da Rumor a Taviani, da Andreotti a Craxi), alcuni magistrati e persino la Presidenza della Repubblica. Ma il «lodo» quale sicurezza garantiva? Quella legata all’incolumità dei cittadini dagli attentati o quella dello Stato, assicurando approvvigionamenti energetici in tempo di shock petrolifero e stabilità sul fronte sud del Mediterraneo? La classe dirigente italiana si trovò a fare i conti con questo dilemma in una delle fasi più difficili della storia repubblicana. Lungi dall’essere una vicenda riservata ai servizi segreti, il «lodo» fu una politica dello Stato italiano. Ed è con questo fatto storico che il nostro Paese deve fare i conti.

La guerra e le false notizie. Ricordi (1914-1915) e riflessioni (1921), di Marc Bloch, Donzelli, 1994.

Il titolo principale di questo volumetto, posseduto dalla nostra biblioteca nell’edizione donzelliana del 1994, riemerge attuale più che mai in questo sempre più nefasto secondo decennio del duemila. Si tratta di un libro consigliato per gli appassionati di storiografia, oltreché di storia visto il calibro dell’autore, che aiuta a capire l’evoluzione della diffusione delle false notizie in un conflitto “statico” come la prima guerra mondiale e come queste si alimentarono attraverso la tradizione orale “madre antica delle leggende e dei miti”. Nulla a che vedere con la fabbricazione scientifica delle c.d. “fake news” dei giorni nostri, che possono diffondersi anche a livello mondiale, ma “fake” ad uso interno (nelle trincee) alimentate dal pregiudizio, unico tratto comune tra le false notizie di un tempo e quelle odierne.

 

La macchina imperfetta. Immagine e realtà dello Stato fascista, di Guido Melis, Il Mulino, 2021.

Un libro completo ed essenziale per conoscere minuziosamente il funzionamento dell’apparato burocratico forgiato dal fascismo. Un libro che segue passo passo i cambiamenti che il regime introdusse ad ogni livello amministrativo: nei ministeri, nei nuovi enti pubblici, nel rapporto contraddittorio fra centro e periferia. E in primo piano il nuovo soggetto che ambiguamente penetra nello Stato e al tempo stesso se ne lascia penetrare, statalizzandosi: il Partito fascista. E poi le élites, fra continuità e innovazione: burocrazie, gerarchie politiche centrali e periferiche, magistrature ordinaria e amministrativa, podestà, sindacalisti e capi delle corporazioni, autorità scolastiche, sovrintendenti alle belle arti, uomini dell’impresa pubblica e del parastato. Uno Stato ben lontano dall’essere la «macchina perfetta» che vorrebbe sembrare. Un affresco ricco di particolari da cui emerge una visione complessa di quel che volle e non riuscì a essere lo Stato. Stato «fascista» ma al tempo stesso Stato «nel fascismo». Il libro di Guido Melis, uno dei maggiori studiosi della storia dell’amministrazione pubblica del nostro paese, è stato considerato da Sabino Cassese «Un libro magistrale… che si colloca a pieno titolo accanto all’altro grande studio sul fascismo, la biografia mussoliniana di De Felice», un «vero e durevole libro di storia» secondo Luciano Canfora.

 

L’allenatore ad Auschwitz, di Giovanni A. Cerutti, Interlinea, 2020.

L’ungherese Árpád Weisz, tra i più grandi allenatori degli anni trenta, colui che introdusse per primo gli schemi nel campionato italiano, fu commissario tecnico dell’Inter (dove scoprì Giuseppe Meazza) ma anche del Novara e del Bologna, fino all’espulsione dall’Italia, in seguito alle leggi razziali, e alla tragica fine nel lager di Auschwitz. La sua vicenda ha tratti non comuni che meritano di essere approfonditi. Queste pagine illuminano il periodo italiano ricostruendo con precisione il ruolo che ebbe Weisz nello sviluppo del “sistema”, che in quegli anni stava mutando definitivamente la fisionomia del calcio sullo sfondo dell’affermazione del professionismo. Una testimonianza e una riflessione sull’eredità della shoah e sull’importanza della memoria, che coinvolge nel dramma anche lo sport.

Bella Ciao. Storia e fortuna di una canzone di Cesare Bermani, Interlinea, 2020.

Come è stato possibile a Bella ciao risalire la penisola partendo nel 1944 dai monti dell’Abruzzo assieme ai partigiani della Brigata Maiella e diventare nel decenni successivi “l’inno per eccellenza di tutti i ribelli del mondo”, tradotto e riadattato in decine e decine di lingue? Il saggio “Bella ciao“, dal sottotitolo “Storia e fortuna di una canzone: dalla resistenza italiana all’universalità delle resistenze”, è un volumetto che risponde a questo interrogativo ripercorrendo la genesi di una tra le canzoni più popolari di sempre,  l’inno “tradizionale” della protesta internazionale: dalla rivoluzione cubana alle resistenze curde e siriane, cantata nelle piazze e ai funerali, oggi conosciuta in ogni parte del pianeta anche grazie alla diffusione attraverso le piattaforme multimediali e una fortunata serie televisiva.

Il ricordo è la vita. 26 aprile 1945. La liberazione di Novara. Gli scatti della memoria, a cura di Eugenio Alessandro Bonzanini, ISRN, 2018.

Il volume condensa in un centinaio di fotografie i momenti salienti della liberazione della città avvenuta il pomeriggio del 26 aprile, fino alle manifestazioni in ricordo dei caduti del primo maggio. Gli scatti, nella quasi totalità, sono ad opera di Umberto Bonzanini, noto fotografo novarese dell’epoca, con studio nel centralissimo Corso Cavour. Mentre le immagini delle prime trattative, avvenute nel quartiere Veveri tra il comando garibaldino e il tedeschi, sono invece probabilmente opera degli stessi partigiani. Introduzione e approfondimenti a cura di Giovanni Cerutti e Adolfo Mignemi.

Preferirei di no, di Giorgio Boiatti, Einaudi, 2017.

L’8 ottobre 1931 Mussolini impone ai professori universitari il giuramento di fedeltà al fascismo. Su un migliaio di ordinari soltanto dodici si rifiutano di piegarsi al duce, perdendo la cattedra e, subendo, nell’Italia massicciamente sottomessa al regime, un raggelante isolamento. Dodici uomini, differenti per origine, carattere, modi di pensare, attitudini sociali; in quell’autunno del 1931 impartiscono la piú magistrale delle lezioni insegnando che dire no è una scelta dovuta prima di tutto a se stessi. Ernesto Buonaiuti, Mario Carrara, Gaetano De Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi Della Vida, Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Francesco ed Edoardo Ruffini, Lionello Venturi, Vito Volterra – questi i nomi di coloro che compiono un gesto essenziale in nome di quegli «ideali di libertà, dignità e coerenza interiore» nei quali erano cresciuti. Preferirei di no è un libro che, con rigore e affetto, ripercorre il tragitto di questi isolati viaggiatori che scelsero la terra del no e attraverso l’intreccio delle loro vite riscopre mondi di umanità e semplicità che sanno ancora oggi parlare con forza e efficacia.

La prima guerra mondiale, di Stuart Robson, Il Mulino, 2013. 

Vi proponiamo la lettura dell’edizione italiana di The First World War, uscito nel 1998 per i newyorkesi di Longaman dello storico Stuart Robson, emerito di Storia alla Trent University di Peterborough in Canada. Un libretto che si fa leggere velocemente che inquadra non solo le vicende militari, ma anche le decisioni politiche alla base delle contrapposizioni tra le potenze in guerra e l’impatto nella popolazione civile di quello che viene definito il momento di cesura tra ottocento e novecento. Il volume si apre sulla concezione della guerra, per poi illustrare la successione degli eventi bellici sui diversi fronti, il comportamento dei militari, dei politici e dei cittadini, lo sviluppo delle tecnologie e delle tattiche, l’esperienza individuale della trincea e del combattimento, gli effetti di lungo periodo del conflitto sulla società, l’economia e la politica europea.

Lo spogliatoio. Il bullismo nella scuola graphic novel scritto e disegnato dall’illustratore francese Thimothée LeBoucher, ri-edito in Italia nel 2020 per conto della casa editrice ComicOut.

L’autore narra la cruda verità del bullismo e della violenza nella fascia d’età adolescenziale; nelle vicissitudini dei protagonisti, tutti ragazzi, le ragazze hanno un ruolo marginale nel fumetto, la distinzione tra vittime e carnefici, tra branco e prede tende a sfumare nel corso del libro, fino a giungere alla situazione quasi paradossale del bullo emarginato dai precedenti compagni d’azione per via di immagini condivise dal ragazzo che era solito bullizzare.
Oltre alla violenza fisica perpetrata nell’ambiente dello spogliatoio della palestra scolastica, viene esplorato anche il campo della violenza in Internet e del cyberbullismo (Luca Giani).

Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia, di Marco Damilano, Feltrinelli, 2018.

Che cosa ha perso l’Italia con la morte di Moro. Perché i fatti tragici del 1978 spiegano il nostro presente. E il nostro futuro. “Via Fani è stato il luogo del nostro destino. La Dallas italiana, le nostre Twin Towers. Nel 1978, l’anno di mezzo tra il ’68 e l’89. Tra il bianco e nero e il colore. Lo spartiacque tra diverse generazioni che cresceranno tra il prima e il dopo: il tutto della politica – gli ideali e il sangue – e il suo nulla.” Il sequestro di Aldo Moro ha segnato la fine della Repubblica dei partiti. Marco Damilano torna su quell’istante, le nove del mattino del 16 marzo 1978, in cui il presidente della Dc fu rapito e gli uomini della sua scorta massacrati.

Ilaria Alpi. Il prezzo della verità, graphic novel illustrato da Francesco Ripoli e con testi scritti dal giornalista Marco Rizzo, Becco Giallo, 2018.

Gli autori narrano gli ultimi giorni di vita della giornalista del TG3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovadin, in quel di Mogadiscio nel marzo 1994, dove stavano conducendo ricerche per servizi d’inchiesta su traffici d’armi e rifiuti tossici in Somalia, traffici in cui i due avevano scoperto la partecipazione dell’Esercito Italiano ed altri uffici governativi. La narrazione dei fatti avviene a ritroso, cioè a partire dal 20 marzo 1994, il giorno dell’attentato in cui perdono la vita, fino a giungere al giorno del loro arrivo in Africa, passando per incontri ed interviste con trafficanti d’armi italiani e somali ed alti ufficiali dei servizi segreti italiani. Nella seconda parte del libro, le illustrazioni lasciano spazio a testimonianze ed interviste di Francesco Barili, Mariangela Gritta Greina e Giovanna Mezzogiorno, in cui vengono descritti il processo svoltosi in Italia e le relazioni e la vita di Ilaria Alpi (Luca Giani). 

Per questo ho vissuto. La mia vita ad Auschwitz-Brikenau e altri esili, di Sami Modiano, Bur. 

“Quel giorno ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi sono svegliato come un bambino. La notte mi addormentai come un ebreo”. Queste parole raccolgono magistralmente tutta la drammatica esperienza della deportazione dell’ora tredicenne Sami Modiano, uno degli ultimi sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. Poco più che bambino fu deportato ad Auschwitz-Brikenau con amici e parenti che giorno dopo giorno vedrà morire. La sua personale lotta per la sopravvivenza nel lager terminerà il nevoso 27 gennaio del 1945. Da un paio di anni Sami Modiano si fa portavoce di dell’ignobile momento della storia dell’umanità che è stata la Shoah, portando nelle scuole la sua testimonianza drammaticamente raccontata con questo libro (Francesca Leone).

Il tribunale del Duce, di Mimmo Franzinelli, Mondadori, 2017.

La costituzione del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, è l’ultimo atto di una lunga serie di provvedimenti legislativi che prendono il nome di leggi fascistissime, e che trasformano definitivamente tra il 1925 e il 1926, il regime fascista in uno Stato di Polizia. Questo libro di Franzinelli, delinea per la prima volta nella sua interezza, l’attività dell’organo giudiziario che aveva competenza sui reati politici introdotti con la legislazione a difesa della sicurezza dello Stato e che condannò, dal febbraio 1927 al luglio del 1943 alle varie misure coercitive previste dalla legge, oltre 4.500 individui. Tra questi, 76 furono i condannati a morte, mentre saranno 56 le esecuzioni eseguite mediante fucilazione alla schiena. Franzinelli oltre a descrivere i principali processi celebrati nella tristemente famosa aula IV del Palazzo di Giustizia Roma, delinea un quadro molto preciso sul funzionamento della giustizia politica e del ruolo diretto del Duce nella sua gestione.    

Italia e Germania dopo la caduta del Muro: politica, cultura, economia. A cura di Monica Fioravanzo, Filippo Focardi, Lutz Klinkhammer, Viella, 2019.

I tre storici affrontano in altrettanti saggi, i rapporti tra l’Italia e la Germania dopo la svolta epocale del 1989. Una svolta che ha modificato in senso negativo il rapporto tra i due paesi in campo politico, culturale ed economico, minando alle basi una tra le più salde amicizie tra stati del vecchio continente. Mentre l’Italia dalla svolta del 1989 non ha saputo approfittare degli spazi di manovra aperti dalla fine del blocco sovietico, travolta dalla sua stessa incapacità di rinnovarsi, la Germania è stata capace di riproporsi sotto la veste unitaria come vero uno dei paesi leader nell’epoca della globalizzazione. Queste differenze nell’affrontare il cambiamento hanno portato all’allontamento “strisciante” dei due paesi, riportando persino a galla vecchie diffidenze risalenti alla seconda guerra mondiale. Volume della collana “Ricerche dell’Istituto Storico Germanico di Roma”.

I giorni della libertà di Almerico Realfonzo, edizioni Mimesis, Milano, 2013. Dalle quattro giornate di Napoli alla Repubblica dell’Ossola a Milano Liberatata. Ricordi di un protagonista.
 
Primo testo, Il giardino degli aranci, ricostruisce,  attraverso memorie e ricerche, gli eventi che nella Seconda guerra mondiale sconvolsero Napoli, dagli oltre cento bombardamenti alle rappresaglie e alle razzie germaniche dopo l’otto settembre all’insurrezione delle “4 giornate”, all’occupazione alleata ed alla peste morale che ne seguì. Con i medesimi intenti testimoniali il secondo testo, I giardini Rosminiani, ricostruisce l’indimenticata esperienza della vita a Domodossola nel 1943-44 (tra gli albori e il divampare della Resistenza e la memorabile Repubblica partigiana dell’Ossola), e gli ultimi  fuochi della guerra a Milano, fino ai giorni della Liberazione.

I giardini rosminiani di Almerico Realfonzo, Istituto campano per la storia della Resistenza “Vera Lombardi”, Libreria Dante e Descartes, Napoli, 2008.

Almerico Ralfonso, nato nel 1927, ingegnere e professore universitario, autore di numerosi testi scientifici, affida a questo libro la ricostruzione, attraverso ricordi e ricerche, dell’indimenticabile esperienza vissuta a Domodossola tra il 1943 e il 1944: gli albori della Resistenza, la vigilia della Repubblica partigiana, fino agli ultimi fuochi nella plumbea Milano verso la Liberazione.

Criminali di guerra in libertà. Un accordo segreto tra Italia e Germania federale, 1949-1955, di Filippo Focardi, Carocci, Roma 2008 con una prefazione di Lutz Klinkhammer.
 

Un libro importante sull’accordo segreto tra Italia e Germania che permise la scarcerazione dei criminali di guerra tedeschi.
Nel 1950 un accordo segreto tra Italia e Germania federale permise la scarcerazione dei criminali di guerra tedeschi in Italia. Attraverso il ricorso ad una documentazione quasi del tutto inedita, il volume ricostruisce le modalità di questo accordo, ma anche le responsabilità del Vaticano e del governo americano. Si mostra così come i processi “negati” e la liberazione di personaggi con alle spalle gravi responsabilità non siano stati il prodotto della “negligenza” di magistrati militari italiani, ma il risultato di una scelta politica che ha precise responsabilità.

Il Massacro di Cefalonia. E la 1a divisione da montagna tedesca, fondamentale studio di Herman Frank Meyer, A cura di Manfred H. Teupen, Prefazione di Giorgio Rochat, Gaspari editore, Udine 2013.

A 70 anni da una delle più terribili stragi di tutti i tempi, questo libro è l’unico basato sulle fonti d’archivio tedesche integrate con il racconto dei testimoni greci, tedeschi e italiani. Ci sono voluti 12 anni e in Germania ha avuto 2 edizioni e una in Grecia.  La parte iconografica è per il 90% tedesca ed è inedita in Italia. Vi sono altre 20 piantine per le varie fasi dei combattimenti. Un libro fondamentale e che chiude “definitivamente” tutte le polemiche  e le fantasiose ricostruzioni sulla sorte della divisione Acqui.

Mario Dal Pra, La guerra partigiana in Italia. Settembre 1943-Maggio 1944, a cura di Dario Borso per l’Istituto Nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia “F. Parri”, presentazione di Gianni Perona, Giunti, Firenze, 2009.
 
Questo testo, rimasto finora inedito, rappresenta un contributo storico davvero singolare e importante, vedendo la luce con sessant’anni di ritardo.
Durante il Ventennio fascista, il pensa­tore vicentino Dal Pra (1914-1992) non aveva mai dato noie al regime. Ma dopo la caduta di Mussolini, il 25 lu­glio del 1943, si dimostrò accanito an­tifascista e abile attivista delle forma­zioni della Resistenza. Trasferitosi a Milano, Dal Pra divenne subito diri­gente di spicco del Partito d’Azione e capo del servizio stampa al Comando generale del Corpo Volontari della Li­bertà, l’organo di coordinamento del­le formazioni partigiane. In questa veste curò tutta la stampa clandestina del movimento azionista. Dopo le elezioni del 1948, decise di raccogliere in un unico testo tutte le relazioni dei partigiani combattenti consegnate al Comitato di Liberazione Nazionale al momento della smobili­tazione. Fino ad allora il suo impegno di studioso era continuato, nel 1946 a­veva persino fondato la prestigiosa “Ri­vista di storia della filosofia”. Però per elaborare un’opera di ricostruzione storica della Resistenza fu costretto a sospendere la sua attività di professo­re di liceo.
Con pazienza certosina ri­portò tutti gli eventi della lotta parti­giana ordinandoli in senso cronologi­co e per aree geografiche, e consegnò il suo lavoro per un’ultima revisione a­gli ufficiali del Corpo Volontari della Libertà. Ma il comandante in capo di quella organizzazione, Raffaele Cadorna, fi­glio del più famoso Luigi, generale a Caporetto, si dimostrò molto contra­riato per quel manoscritto e ne bloccò la pubblicazione. Cadorna aggiunse di suo pugno delle note polemiche che ora vedono la luce insieme al testo del filosofo veneto. Dal Pra punta il dito contro le alte gerarchie dell’esercito accusandole di disfattismo. Cadorna, invece, che non aveva aderito alla Re­pubblica di Salò e si era posto al co­mando della Resistenza partigiana collaborando con gli Alleati anglo­americani, rivendica il contributo da­to dai militari.

Il cammino della speranzaL’emigrazione clandestina degli italiani nel secondo dopoguerra di Sandro Rinauro, Einaudi Storia,  2009.

Quando ad emigrare clandestinamente eravamo noi italiani. Una delle caratteristiche comuni nei due dopoguerra, è l’attivarsi di flussi migratori straordinari che vedono il nostro paese come il più grande serbatoio di manodopera del vecchio continente, coinvolgendo migliaia di nostri connazionali. Spinti dalla disperazione e dalla speranza di un futuro decisamente migliore rispetto a quello che si lasciavano alle spalle, non tutti ebbero la fortuna di emigrare secondo le restrittive leggi del secondo dopoguerra e in molti perirono nelle lunghe traversate dei valichi alpini. Mentre oggi lo stereotipo per eccellenza per chi arriva sul nostro territorio è quello di finire ad ingrossare le file della malavita dedita ai più disparati tipi di malaffare, negli anni cinquanta e sessanta, fu la Legione Straniera ad accogliere tra le proprie fila, un consistente numero di italiani. A distanza di più di un decennio dalla sua uscita, consigliamo la lettura di questo libro che non smette, anno dopo anno, di essere attuale. 

Il libro dei deportati. I deportati politici 1943-1945, Ricerca del Dipartimento di Storia dell’Università di Torino diretta da Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia promossa da ANED – Associazione Nazionale Ex Deportati, Volume I, Milano, Mursia 2008.
 
Per gli “assassini della memoria” c’é un nuovo, insormontabile, ostacolo: nomi, dati anagrafici e storia dei 23.826 italiani (22.204 uomini e 1.514 donne) deportati, tra il 1943 e il 1945, per motivi politici in Germania nei campi di concentramento. Un lavoro gigantesco che ora trova sistemazione organica nel primo volume suddiviso in tre tomi, dell’opera Il Libro dei Deportati 1943-1945 (Milano, Mursia; pp.2554, 120 euro) di Nicola Tranfaglia, Brunello Mantelli, Francesco Cassata, Giovanna D’Amico, Giovanni Villari, realizzato con il contributo fondamentale della fondazione Compagnia di San Paolo e dell’Assessorato alla Cultura del Piemonte.
Il Libro dei deportati. Deportati, deportatori, tempi e luoghi, di Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia (cura di), Vol. II, Mursia, Milano 2010.
Con questo secondo volume, “Il Libro dei deportati” fornisce una minuziosa descrizione del concreto funzionamento della macchina della deportazione, con particolare attenzione al suo obbligato adattarsi alle caratteristiche dei territori da essa investiti. Dopo il primo volume – I deportati politici 1943-1945″ – con le biografie di 23.826 deportati politici italiani, “Deportati, deportatori, tempi, luoghi” si misura con la realtà quotidiana di numerose aree dell’Italia occupata: Asti, Cuneo, Novara (ricerca di Giovanni Galli), Pavia, Vicenza, Belluno, Trieste e il confine orientale, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Firenze e la Toscana, tutte zone che pagarono un tributo umano elevatissimo alla deportazione. Attraverso quindici saggi affidati a specialisti, si ricostruiscono modi, tempi e luoghi della deportazione, senza trascurare Sardegna e Sicilia, che non conobbero occupazione tedesca e rinascita del fascismo, ma vennero lo stesso coinvolte, a dimostrazione che la deportazione dall’Italia nei Konzentrationslager è un aspetto importante della storia di tutta la nazione. Si descrive poi il ruolo svolto dal carcere bolognese di San Giovanni in Monte, punto di smistamento della deportazione in KL. In chiusura, tre contributi sui principali Lager italiani: Fossoli di Carpi, Bolzano, la triestina Risiera di San Sabba.