Luigi Ballerini  giovedì 22 febbraio per l’appuntamento mensile curato dall’Istituto Piero Fornara all’interno dell’iniziativa “Giovedì letterari” della biblioteca Negroni presenterà il suo testo , Hanna non chiude mai gli occhi,  Narrativa San Paolo Ragazzi,2015. (Numero pagine 176 ; CDU R6N 70; ISBN/EAN 9788821597008).

La narrazione, che parte da una storia vera e dall’analisi da parte dell’autore di diversi documenti, inizia a Salonicco nel 1943, dopo l’occupazione della città da parte dell’esercito tedesco. La vicenda viene narrata attraverso la storia di Hanna e Yosef, due ragazzi, che devono confrontarsi con i progressivi divieti che vengono imposti agli ebrei. La famiglia di Yosef va a vivere in casa della famiglia di Hanna e dopo un’iniziale diffidenza i due sviluppano un forte senso di amicizia con cui affronteranno i mutamenti imposti dall’occupazione nelle loro vite. Le loro storie, scopriranno imparando a conoscersi, sono corse parallele fino a quel momento, quando la reclusione nel ghetto di Kalamaria li mette uno accanto all’altro.
Il libro rende bene la progressione delle difficoltà degli ebrei e delle violenze cui sono sottoposti e mette in risalto anche due figure particolari: il console italiano Guelfo Zamboni e il capitano Lucillo Merci, suo assistente, che in una frenetica corsa contro il tempo si adoperano per salvare quante più vite possibili attraverso i mezzi che il loro incarico consentiva. Due figure che si stagliano a tutto tondo, fedelmente riprodotte, accanto a quelle, altrettanto vivide, anche se “realistiche” e non “reali” dei due ragazzi.
Il legame tra i quattro personaggi è costituito dal rilascio di documenti attestanti la cittadinanza italiana che le famiglie dei ragazzi richiedono al Consolato Italiano guidato a Guelfo Zamboni, come molti altri ebrei di Salonicco, anche non appartenenti alla comunità italiana. Il console e il Capitano Merci, che aveva compiti di traduttore, si spesero, compresa la situazione, per salvare quanti più ebrei possibile, come risulta dalle comunicazioni ufficiali tra Zamboni e Roma e dai diari di Lucillo. Una possibilità di salvezza che potrebbe essere stata fornita anche ad alcuni degli ebrei provenienti da Salonicco che nell’autunno del 1943 vennero assassinati sul Lago Maggiore.

ll testo che abbiamo promosso attraverso la sezione didattica e cui abbiamo dedicato una recensione, (https://www.isrn.it/raccontata-in-un-libro-la-comunita-ebraica-italiana-di-salonicco/)   dopo le numerose presentazioni è risultato vincitore, insieme ai testi di Carlo F. De Filippis e Andrea Fazioli,  della XIX edizione del Premio Fenice Europa ( qui i dettagli).

La presentazione del testo a cura dell’autore si inserisce nel progetto didattico dedicato a questa pubblicazione e, più in generale, nella promozione della lettura come mezzo di conoscenza della storia contemporanea, anche in relazione al legame tra le vicende narrate nel testo e l’Olocausto del Lago Maggiore.
Recentemente è apparso sulla rivita on line degli Istituti Storico Novecento.org un articolo relativo ad una esperienza di lettura didattica di Hanna non chiude mai gli occhi a cura di Grazia Matera.
Per la ricostruzione storica l’autore ha usato, tra gli altri documenti, il diario di guerra 1942-43 che Lucillo Merci consegnò a Yad Vashem su richiesta dell’istituto stesso ricevuta il 1 giugno 1983. Parte di questo diario è stata pubblicata già nel libro Hotel Meina di Marco Nozza e leggendola si può apprendere che il Colonello partì per l’Italia portando con sé
“gli ebrei Dottor Modiano Luigi, la moglie Ernestina, il figlio Claudio, il signor Torres Raul e signora Valeria, l’ing. Elia Modiano, l’avvocato Mosseri, la signora Picollo e altri, complessivamente dodici, compreso (dimenticavo) Elia Saias e famiglia, due signore italiane ariane. […] Accompagnai i miei ospiti fino a Venezia, meta del treno. La famiglia Modiano partì per Firenze, gli altri per il Nord.”
Dopo la chiusura del Consolato Generale d’Italia di Salonicco, avvenuta nel dicembre 1943 e anche in seguito, Lucillo Merci continuò ad interessarsi della sorte delle persone che aveva cercato di salvare, ma spesso non riuscì a recuperare loro notizie o a verificarle. A pag 300 del citato testo di Nozza si legge infatti in merito a quanto riuscì ad apprendere che
“Gli ebrei italiani o dichiarati tali, da me accompagnati in Italia il 1 agosto 1943 fino a Venzia capolinea del treno, si salvarono. La famiglia del Dott. luigi Modiano medico (moglie e figlio Claudio), proseguì per Firenze, dove si stabilì.  Gli altri nove andarono a Meina sul lago di Como. Con l’occupazione dell’Italia settentrionale da parte dei tedeschi dopo l’8 settembre, il 23 settembre furono arrestati dalle SS, trucidati e chiusi in sacchi buttati nel lago. Le salme furono recuperate durante la guerra.”
Lo stesso Merci dichiara di non aver potuto controllare queste informazioni, che noi oggi sappiamo non corrispondere a verità storica, ma di certo, come testimoniano le figlie, il pensiero alla sorte di tutti coloro che erano passati dal Consolato di salonicco in cerca di salvezza non lo ha mai abbandonato.
Il libro ci permette quindi di aprire nuovi spazi di riflessione sui temi della responsabilità personale e dell’esclusione, ma anche di recuperare l’episodio meinese sotto una nuova luce.
losanna2_211513 l’autore al centro con le figlie di Lucillo Merci Carla e Lucilla ( in azzurro), i nipoti Pierfrancesco, Giuliana e Italo ( in giacca scura)
Elena Mastretta