presentazione
il sentiero Beltrami
il sentiero Chiovini
la repubblica partigiana dell'Ossola
- Presentazione
- Lo svolgersi della Resistenza in Ossola dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945
- I principali Protagonisti della Repubblica dell'Ossola
- Quadro generale della prima liberazione dell'Ossola
- Descrizione dei percorsi a Domodossola e Valli
- Descrizione dei percorsi sulla destra della Toce
- Descrizione dei percorsi sulla sinistra della Toce
- Apparati
- Bibliografia
- Musei
- Cronologia
- Dizionario biografico
- Indice luoghi
- Schede di approfondimento
- Altre Repubbliche
- Bagni di Craveggia 18-19 ottobre 1944
- Bombardamento di Varzo
- Bombe su Vercio
- Colloro nido partigiano
- Consegna della Medaglia d'Oro all'Ossola
- Dal calore sono colati i binari
- Eccidio di Beura
- Goglio 17 ottobre 1944
- I blocchi del palazzo della vittoria
- I fucilati di Anzola
- I fucilati di Pallanzeno
- L’arresto dei Covo-Arditi
- L’eccidio di Premosello del 29 agosto 1944
- La battaglia di Megolo
- La giustizia nella Repubblica dell'Ossola
- La liberazione di Cannobio
- La resa del Croppo di Trontano
- Mancati aiuti alla Repubblica dell'Ossola
- Nove giorni senza mangiare
- Paese del pane bianco
- Punta di Migiandone 9-13 ottobre 1944
- Solo il vento parla a quei morti
- Un partigiano del Valdossola
- Valle Anzasca ottobre 1944
- Valle Cannobina 12 ottobre 1944
- Villadossola 8 novembre 1943
- Dieci testate in più di un mese
apparati
crediti redazionali
Istituto storico della resistenza e della società contemporanea Pietro Fornara
la memoria delle alpi
LA CABINA DELLA MORTE - Goglio, 17 ottobre 1944

Caduti: Conti Giuseppe, Faccioli Giuseppe, Fossa Giorgio, Pratini Gaudenzio.
I reparti della "Valdossola" che si introducono nella Val di Devero, si lasciano alle spalle Baceno in direzione di Goglio ove vi è una funivia che porta dai 1133 ai 1631 metri dell'Alpe Devero. Dall'Alpe Devero, valicando il confine, si raggiungono le vallate del Làngtal e del Binntal. La funivia dell'Edison è dotata di una sola cabina; d'altra parte raggiungere con la mulattiera l'Alpe Devero è estremamente faticoso per i giovani della "Valdossola" che, sempre a piedi, sono arrivati a Goglio partendo da Cuzzago e Premosello; inoltre, il morale è a terra e si mangia quel poco che si trova.
Il comandante "Fausto", a cui sono pervenute voci che danno per certo l'arrivo delle avanguardie nemiche a Baceno, nella notte tra il 16 e il 17, sprona il suo reparto a lasciare Goglio il più presto possibile. Bisogna salire, verso l'alpe Devero, a piedi; la gran parte degli uomini non può salire sulla cabina della funivia perché vi è poco spazio e mette oltre dieci minuti per coprire il percorso. Nella cabina della funivia si assiepano una ventina di uomini, per lo più disarmati (fra gli altri il giovane ufficiale mergozzese Mario Maffioli); la cabina stenta a partire, poi arranca con grande difficoltà e lentezza e a circa 150 metri dal primo cavalletto si ferma perché è saltato il riduttore. Il macchinista Giovanni Savoia, della stazione di Devero con l'aiuto di alcuni partigiani che sono già sul posto, manovra l'argano e riesce a far ridiscendere la cabina verso la stazione di Goglio, ma la discesa è oltremodo lenta sia per il sovraccarico, sia perché l'argano azionato a mano non permette una discesa più rapida. Viene comunicato ai partigiani che i tedeschi hanno già raggiunto il paese. Anche i partigiani chiusi nella cabina si accorgono, dal luccichio degli elmetti, della presenza dei tedeschi nei pressi della stazione di Goglio. La discesa della cabina sembra essere sempre più lenta. Finalmente la cabina si arresta sopra una catasta di legna, a non più di quattro metri dal suolo; si apre la porta verso l'alto; i partigiani vedono una via di salvezza; è Falcioni di Cuzzego il primo a buttarsi e a mettersi in salvo nel bosco; altri lo seguono e la fanno franca.
Purtroppo i tedeschi si accorgono di quanto succede, piazzano tre mitragliatrici e fanno fuoco contro la cabina della funivia. Mentre continua il tiro a segno contro la cabina, gli altri tedeschi si buttano alla caccia degli altri partigiani fuggiti nella boscaglia.
Ecco quanto ricorda il partigiano Ubaldo Marta residente a Vogogna nella sua testimonianza resa al comandante Ercole Vittorio Ferrario della divisione "Valdossola" inserita nel volume "Goglio 17/10/44, il dramma della funivia": "Nella cabina siamo in ventiquattro, con cinque mitragliatori, due mortai da 45 senza munizioni, una cassa di carne e due fiaschi di vino. Un carico senza dubbio eccessivo. Rimango bloccato nella cabina con addosso il Pep Faccioli morto.
Quando i tedeschi entrano nella cabina mi prendono a calci, mi buttano fuori e mi fanno stendere a terra, poi ancora a calci, ammazzano il Pratini, già ferito, a due passi da me. Un colpo di lato alla testa…
"
Dalla cabina estraggono anche il corpo esanime del secondo "Pep" Giuseppe Conti che, come Faccioli, è milanese. Nella boscaglia, il diciassettenne torinese Giorgio Fossa viene braccato da una muta urlante e che spara all'impazzata; il giovane partigiano si butta in una buca, deciso a vendere cara la pelle; risponde al fuoco del nemico fino all'esaurimento delle munizioni, non si arrende e cade colpito al capo da una raffica di mitra.
Vengono fatti prigionieri dagli Alpenjager: Orlando Corani, gravemente ferito e il già menzionato Ubaldo Marta. A questi viene amputata una gamba che va in cancrena; ricoverato in ospedale, con l'aiuto di compagni ed amici, riesce ad evadere dall'ospedale e a raggiungere Vogogna dove rimane nascosto fino alla Liberazione; gli altri vengono inviati in campo di concentramento.

MASSARA E., Antologia dell'antifascismo e della Resistenza novarese, Grafica Novarese, Novara, 1984

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