#l’ora della storia: 20 marzo 1944

Nel 2017, in occasione delle celebrazioni, il sindaco Luigi Fiocchi definiva Cervarolo “uno dei luoghi più significativi di quel tragico elenco di stragi e violenze subite dall’Emilia Romagna durante la lotta per la libertà”.

Questi i fatti: in seguito alle perdite subite nel corso della battaglia a Cerrè Sologno del giorno 15 marzo 1944, i nazifascisti, con l’intento di distruggere le formazioni partigiane, iniziarono un vasto rastrellamento. Si richiede un intervento più deciso e ad ampio raggio ai Comandi tedeschi che inviano un reparto della Div. Hermann Göring all’epoca dislocata nei pressi di Casalecchio di Reno (BO).

Sulla mulattiera per Civago i paracadutisti della Goring uccisero un giovane ragazzo e ferirono gravemente un vecchio, giunti in paese uccisero altre due persone; poi si diedero al saccheggio, bruciando una ventina di case e danneggiandone trenta.
Carichi di bottino, i tedeschi, aiutati nei saccheggi dalla complicità fascista, tornarono poi sui loro passi, per unirsi, a Cervarolo, nel comune di Villaminozzo, ai paracadutisti. Qui ammassarono nel recinto di un’aia del paese, sorvegliandoli con le armi puntate, tutti gli uomini che poterono catturare. Un padre e il figlio furono uccisi in mattinata nella loro abitazione.
Si recarono poi dal prete, Don Giovanni Battista Pigozzi, per obbligarlo a firmare un foglio in cui avrebbe dovuto dichiarare che gli arrestati erano tutti partigiani. Il prete, con un gesto coraggioso, oppose resistenza e venne per questo denudato, insozzato di sputi e spinto a sua volta nell’aia in quello stato.
Uomini di tutte le età, compresi tra i 17 e gli 84 anni, persino un paralitico, vennero posti di fronte alle armi automatiche. Terminata la fase di rapina, i tedeschi fecero allontanare le donne e mitragliarono gli uomini; quindi le case vennero date completamente alle fiamme. I trucidati furono 24. Dalla scheda riportata nell’Atlante delle stragi nazifasciste, una delle banche dati on line consultabili sul sito dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, risulta che 13 di essi avevano tra i 17 e i 55 anni (secondo la classificazione dell’Atlante possiamo quindi considerarli “adulti”), mentre 11 avevano più di 55 anni (e sono quindi considerati “anziani”).

Mai si era vista, fino a quel momento nel reggiano, una così atroce rappresaglia. Ha detto ancora il sindaco Fiocchi: “Per decenni il fascicolo sulla strage di Cervarolo è rimasto nascosto. Nel 2005 è finalmente scaturita un’inchiesta che si è conclusa definitivamente nel 2014 con la condanna all’ergastolo degli ex militari nazisti superstiti, ritenuti responsabili dell’operazione”.  Nel 2010-2011 si è svolto il processo ai responsabili presso Il Tribunale Militare di Verona. Sono stati condannati all’ergastolo: L’ex sottotenente Fritz Olberg e l’ex sergente Karl Stark. La sentenza è passata in giudicato nel 2015.

Sull’episodio esiste un film- documentario, realizzato nel 2012, Il Violino di Cervarolo (https://it.wikipedia.org/wiki/Il_violino_di_Cervarolo)

 

Per chi non conoscesse il progetto “Atlante delle stragi nazifasciste”, la data di oggi può essere una buona occasione. L’Atlante raccoglie il lavoro di ricerca promosso in collaborazione dall’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (INSMLI) e dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI), finalizzato a definire un quadro completo degli episodi di violenza contro i civili commessi dall’esercito tedesco e dai suoi alleati fascisti in Italia tra il 1943 e il 1945, cio hanno lavorato più di 90 ricercatori sul territorio italiano. L’indagine è stata condotta – oltre che sui risultati delle precedenti stagioni di ricerca, relativi in particolare a Puglia, Campania, Toscana, Emilia Romagna e Piemonte – basandosi su tre serie di fonti comuni a livello nazionale: la banca dati degli episodi di violenza sui civili compiuti durante l’occupazione tedesca in Italia, elaborata dalla Commissione storica italo-tedesca sulla base delle relazioni dei carabinieri reperite presso l’Archivio dell’ufficio storico dello stato maggiore dell’esercito e l’Archivio storico dei carabinieri di Roma; il Registro generale delle denunce per crimini di guerra raccolte a partire dal 1945 presso la Procura Generale Militare di Roma (illegalmente archiviate nel 1960), reperito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause dell’occultamento dei fascicoli relativi a crimini nazifascisti (XIV Legislatura); le sentenze e i fascicoli dei procedimenti giudiziari dibattuti presso i Tribunali militari nel corso dell’ultima stagione processuale (dal 1994 ad oggi).

Sono così stati censiti più di 5000 episodi, oggi consultabili attraverso la banca dati:

La banca dati è consultabile qui,   http://www.straginazifasciste.it, insieme a tutte le informazioni sul progetto.