Nel corso dell’incontro “La memoria dei genocidi: le nuove generazioni e l’eredità della memoria” svoltosi a Meina nel settembre 2015 con Giovanni Cerutti e Alessandro Litta Modgnani, Rossana Ottolenghi usò, per spiegare ai presenti “come noi, figli e nipoti di sopravvissuti, dopo aver cercato di starne alla larga, ci siamo caricati sulle spalle questa eredità”, usò l’espressione “zainetto della memoria” per indicare l’impegno di chi non si fa, banalmente “testimone dei testimoni”, ma si spende per dare il suo naturale contributo alla conoscenza e all’affermazione della verità sui crimini contro l’umanità e per stimolare l’impegno delle attuali generazioni nel far sì che la memoria sia una valida guida per affrontare le sfide del presente, ritenendendo che  “L’elaborazione di interpretazioni storiche stabili e diffuse appare come l’unica strada percorribile, nel momento in cui viene meno la presenza dei testimoni diretti di quelle vicende”.

Ne suo “zainetto” sono contenute due storie: quella di Rachel Behar, sopravvissuta alla strage del Lago Maggiore nel settembre 1943 grazie all’aiuto del console turco, grande amico di suo nonno nonostante, potrebbe pensare qualcuno, il differente credo religioso, accolta con la sua famiglia dalla Svizzera nel rispetto di quelle che erano le regole imposte allo Stato Elvetico per mantenere lo stato di neutralità e quella di suo padre, Pierpaolo Ottolenghi, salvatosi grazie alla generosità di una famiglia di mugnai, quella di Sisto e Alberta Gianaroli, a Polignago, sull’appennino modenese. Il mugnaio li accolse e, consapevole del pericolo che correva, non disse ai figli che i nuovi arrivati fossero ebrei. Fu anche grazie alla collaborazione di alcuni amici fidati dell’Appennino modenese, che portarono loro cibo, e al silenzio di chi sapeva ma li protesse, che l’intera famiglia Ottolenghi fu salvata. Nazisti e fascisti locali si presentarono più volte al mulino per cercare i fuggiaschi, ma questi furono nascosti nei posti più impensati. Il luogo è ancora oggi visitabile. Gli ultimi giorni di guerra gli Ottolenghi furono comunque individuati da una nota spia fascista della zona, ma che venne casualmente catturata e uccisa dai partigiani proprio quel giorno, prima che potesse fare rapporto alle autorità tedesche. Dopo la guerra, le due famiglie mantennero i rapporti, scambiandosi lettere e aiuti. L’1 settembre 2009, durante una manifestazione a Polinago, il figlio di Sisto, Donato Gianaroli, insieme ai fratelli, ha ricevuto l’attestato e le medaglie a nome dei genitori defunti. Ecco il resoconto della cerimonia: http://www.comune.polinago.mo.it/comune/appuntamenti/mardedi_settembre_2009_cerimonia_consegna_della.aspx

Gli ulivi dedicati alla memoria di Sisto e Alberta sono presso l’Istituto “Levi” di Vignola e l’Istituto “Formiggini” di Sassuolo, entrambi in provincia di Modena.

Due storie diverse, che permettono di tracciare la storia dell’Italia e della guerra in quegli anni, in posti così vicini geograficamente, eppure così diversi per le vicende che vi si svolgevano. Anche il padre di Rossana ha scritto un diario, meno noto di quello della madre, che stiamo cercando di diffondere anche attraverso la traduzione in inglese,
nel quale, oltre alla vita condotta in quel periodo di clandestinità forzata, trovano spazio argomenti che non vengono affrontati da Rachel, come la presenza di partigiani e la Repubblica di Montefiorino.

Si attraversano momenti storici cruciali come l’applicazione delle leggi razziali e l’allontanamento dalla scuola per entrambi, i differenti percorsi di salvezza permettono di introdurre il tema del collaborazionismo, come quello dei giusti delle nazioni.

Ciò che la lettura comparata dei due testi permette in un lavoro con gli studenti e il pubblico è anche quello di rilevare, al di là dei differenti scenari storici che caratterizzarono l’Italia nel biennio 1943/45, la differenza di atteggiamenti riscontrabili nei singoli individui: un tema, quello dell’assunzione personale di responsabilità, oggi più che mai attuale.

Uno zainetto, ma che contiene tutti gli strumenti indispensabili alla costruzione di una coscienza civile ancorata al nostro passato, ma non schiava di esso.

Probabilmente è questa ricchezza e pluralità di significati ad aver sollevato grande interesse: l’alta adesione degli Istituti superiori cittadini, molto superiore alle precedenti edizioni, supera le 400 richieste: gli organizzatori hanno quindi organizzato sull’onda della partecipazione una doppia edizione della conferenza mattutina per non escludere alcuno studente dalla possibilità dell’incontro. Rossana, informata, ha subito accettato di incontrare tutti gli studenti che hanno manifestato interesse a conoscere la sua storia, nonostante sia già previsto un incontro pomeridiano all’aula Magna dell’IIS Nervi dalle 15 alle 17. “Spero che questo alto interesse serva a sensibilizzare i ragazzi non solo alla conoscenza del passato, ma anche ad attualizzare la tematica della responsabilità personale e che sia poi possibile anche a Novara attuare iniziative che metano in contato gli studenti di Novara con quelli di Modena, visto che esistono scuole intitolate a Sisto e Alberta Gianaroli, a mia madre e ai Fratelli Fernandez Diaz: in questo modo, come ho avuto spesso modo di immaginare con Elena Mastretta, ci potrebbero essere scambi tra docenti e studenti dei due luoghi.  Ritengo importante anche continuare la posa, già completata a Meina, delle Stolpersteine per tutte le vittime della strage del lago, perché tutti loro abbiano di nuovo un volto e un nome e siano ricostruite appieno le loro biografie”, ha detto Ottolenghi nell’accettare l’invito.

L’incontro pomeridiano è aperto alla cittadinanza e vedrà la partecipazione, come è ormai tradizione, dei ragazzi che si preparano al viaggio della memoria e che fanno delle celebrazioni ufficiali del 27 gennaio uno dei loro momenti formativi.

Rossana sarà accompagnata oltre che da Giovanni Cerutti ed Elena Mastretta da Aldo Luperini, membro del Comitato Unico di Garanzia del CNR, per fornire strumenti critici sulle discriminazioni contemporanee e da Davide Tamagnini di Sermais.

Elena Mastretta