Don Alfredo Fomia, nativo di Colazza, è stato parroco di Baveno per quasi quarant’anni: dal 1975 al 2014. Proprio a Colazza Don Alfredo si è spento il 14 novembre 2017, un anno dopo che il comune di Baveno, all’unanimità, gli aveva conferito la cittadinanza onoraria. Negli anni scorsi aveva più volte collaborato con l’Istituto Piero Fornara: era stato lui a coordinare la posa della stele sul lungolago di Baveno per il Settantesimo anniversario dell’Olocausto del Lago Maggiore e nel 2015 aveva messo a disposizione la mostra da lui realizzata sulla resistenza nel Vergante per una serie di esposizioni.

Riportiamo di seguito il ricordo di Massimo Zoppi, a lungo sindaco di Baveno e quello di  Gianluigi Cristina, anche lui a lungo nell’amministrazione del comune rivierasco del Lago Maggiore e legati a Don Alfredo da profonda amicizia.

Un saluto a Don Alfredo Fomia

Trentanove anni di servizio possono essere tanti o pochi; dipende da come vengono vissuti, dall’intensità e dagli obiettivi di chi ne è interprete. Don Alfredo Fomia è stato per trentanove anni guida della comunità cattolica bavenese, ma non solo. E’ stato un punto di riferimento imprescindibile per tutta la comunità civile che ha sollecitato, spronato, criticato, motivato. Ha promosso un’operazione, per i più probabilmente ai limiti dell’irrealizzabile, di complessivo recupero del centro monumentale di Baveno, attribuendogli nuove funzioni di incontro e di accoglienza. Ha avuto la forza di credere in tale progetto e l’abilità di portarlo a compimento. Ma io voglio parlare di Don Alfredo, che per me, nato nel 1972, è sempre stato il “mio” parroco, non come attento e abile “restauratore”, ma come colui che ci ha sollecitato nell’interrogarci sulla nostra storia e le nostre radici. E lo ha saputo fare con le persone e tra la gente, stabilendo relazioni e rapporti importanti, ascoltando e raccogliendo testimonianze, documenti, ricordi. Perché Baveno non è solo la bellezza dei suoi monumenti, ma è soprattutto una Comunità con un passato di fatica e dignità ma anche di dolore, vergogna, silenzi e ferite. Quelle ferite nella coscienza collettiva che, solo con il paziente operato di una persona illuminata e di coloro che lo hanno voluto seguire in tale percorso, si sono parzialmente rimarginate. Questo da a noi bavenesi orgoglio e soprattutto speranza.

Grazie Don Alfredo, nella sua bella casa di Colazza si ricordi di lasciare sempre tante sedie attorno al tavolo perché tante persone avranno ancora la voglia e la necessità di scambiare qualche chiacchiera con Lei.

Massimo Zoppi

 

Salutare un prevosto che dopo quarant’anni lascia la propria parrocchia vuol dire per la comunità religiosa ripercorrere un bel pezzo della propria  storia, ma il saluto a don Alfredo Fomia va oltre: coinvolge tutto un paese, la comunità civile intera. Vuol dire ripensare al  cammino di un uomo che è stato riferimento per tanti bavenesi, andassero a Messa oppure no.

Vien subito da pensare al nostro centro storico, a quel sagrato sterrato che nel 1975 era ancora un polveroso posteggio, ed oggi, grazie all’appassionata e tenace opera di don Alfredo, è tornato a rappresentare il luogo principe delle nostre radici storiche, della ritrovata identità della nostra gente.

Grande è stato il ruolo di Don Alfredo quale custode della memoria: il granito ed la dignità del lavoro, i 17 martiri, l’eccidio degli ebrei…  Sempre inquieto nella ricerca della verità di un passato da noi troppo spesso distrattamente dimenticato, ci ha guidato nel ricordare, ricomporre ferite mai sanate, ritrovare verità spezzate. Scrisse qualche anno fa:  “La grandezza di una nazione si fonda sul cittadino comune che fa memoria del passato per costruire ogni giorno feriale il suo futuro e quello della comunità di appartenenza”. Ecco la sua lezione: una memoria consapevole per costruire un futuro responsabile.

Ma soprattutto Don Alfredo ha accompagnato la nostra comunità nei giorni felici, di gioia, ed ancor più  nei passaggi difficili, nei momenti di difficoltà e di crisi, con  occhio vigile e attento, pronto a richiamare, con  interventi a volte bonari spesso imperativi, noi amministratori pubblici nel non ambire al potere, ma al servizio della comunità.

Da ultimo, sono debitore a Don Alfredo anche di qualche buona lettura: David Maria Turoldo, Hans Kung… libri prestati, ma mai discussi insieme. Ora chissà!

Non vorrei che queste mie parole sembrassero un commiato: abbiamo ancora bisogno di don Alfredo e, se ne avrà  la pazienza, potrà seguirci a distanza, non perderci di vista perché il segno grande che lascia nella nostra comunità possa , in un qualche modo,  continuare ad alimentarsi.

Baveno, 31 agosto 2014

Claudio Cristina