Albino Calletti

 

Castelletto Ticino 1908-2000
Socio fondatore dell’Istituto componente il Consiglio direttivo sino al 1996. 
Figlio di un minatore costretto ad emigrare in Francia per trovare lavoro e di un’operaia tessile, due fratelli, a soli undici anni entra a lavorare in fabbrica, cambiando spesso lavoro. Verso la fine del 1930 aderisce al piccolo gruppo di comunisti castellettesi dando slancio alla clandestina attività di propaganda e organizzazione. A seguito di delazione, nel settembre 1934 viene arrestato a Milano e deferito al Tribunale speciale, che l’anno successivo lo condanna a otto anni di reclusione. Con lui vengono condannati a pene diverse Cesare Castelli di Sillavengo, Natale Dugo di Oleggio, Ubaldo Papa e Natale Visconti di Castelletto Ticino. Rinchiuso a Regina Coeli, il 27 maggio del 1935, viene condannato ad ulteriori quattro anni per aver gridato “Viva il 1° Maggio”: quattro anni per quattro parole! Viene trasferito nel Carcere urbano di Castelfranco Emilia dove sconta cinque anni: nel
1939 è, infatti, amnistiato. E’ la vigilia del secondo conflitto mondiale: la madre è morta, il padre è diventato cieco. Rientra a Castelletto Ticino e riprende a lavorare alla Siai-Marchetti di Sesto Calende, ma è immediatamente licenziato. Richiamato alle armi nel 24° gruppo appiedato del Reggimento Savoia Cavalleria è destinato al fronte russo che raggiunge il 6 gennaio 1943. Su quella esperienza scrive un breve ma straordinario diario. Rientrato a Milano nel giugno del ’43, partecipa ai “festeggiamenti” per la caduta del fascismo dopo il 25 luglio e l’8 settembre è a Castelletto Ticino in licenza a seguito della morte del padre. Pochi giorni dopo, con i compagni Lino Ferrari e Mario Albertini, tre moschetti, munizioni e venti bombe a mano sale in montagna e raggiunge i primi nuclei di resistenti nelle alture del Cusio. E’ fra coloro che offrono al capitano Beltrami il comando del gruppo.
Data quel momento la straordinaria storia partigiana di Albino Calletti, per tutti il “Capitano Bruno”, che, dopo la battaglia di Megolo (13 febbraio 1944), raggiunge i garibaldini della Valsesia divenendo, dal maggio 1944, comandante della I Divisione “Fratelli Varalli”. In quel ruolo guiderà una delle formazioni più combattive della resistenza novarese partecipando alle più importanti battaglie della liberazione.
Nel dopoguerra è in prima fila nella battaglie politiche e sindacali, tanto che viene ancora arrestato per ben due volte e trascorre altri mesi in galera. Le accuse di aver nascosto armi e di aver sobillato alla diserzione i giovani della zona decadono, sì che proprio con i licenziati della Siai-Marchetti fonda una cooperativa di produzione e lavoro a Sesto Calende.
Consigliere comunale ad Arona è in seguito consigliere, assessore e infine Sindaco della sua Castelletto Ticino per due mandati, dal 1971 al 1973 e dal 1978 al 1980. Per un certo periodo è anche consigliere provinciale. Alla fine degli anni ’60 è promotore e fondatore del
Raggruppamento unitario della Resistenza e dell’Istituto.

Per approfondire: parte dei suoi documenti sono conservati nell’archivio dell’Istituto. Note biografiche sono apparse nell’Enciclopedia dell’antifascismo e della resistenza, Vol II La Pietra, Milano; in Enrico Massara, Antologia dell’antifascismo e della resistenza novarese, Novara, 1984 e in Begozzi Mauro (a cura), Tre volte trent’anni. Albino Calletti il Capitano Bruno, Isrn, Novara, 1998. Si veda anche Cent’anni di gratitudine. Memorie del Capitano Bruno Albino Calletti (1908-2000), uscito in occasione del centenario della nascita, edito dall’Istituto per conto della famiglia, Il lavoro è stato curato da Vanessa Landini e Lorenzo Morganti, con la consulenza storica di Mauro Begozzi.